Distacco:la Corte di Giustizia UE ne conferma l’applicabilità anche agli autisti

Rendere le condizioni di lavoro le più vicine possibili a quelle dei lavoratori impiegati da imprese stabilite nello Stato membro ospitante

Con due importanti sentenze, la Corte di Giustizia Europea ha confermato l’applicazione della normativa sul distacco dei lavoratori anche agli autisti che effettuano servizio di trasporto internazionale e di cabotaggio.

Più nello specifico, nella Sentenza dello scorso 1° dicembre, nella causa C-815/18, la Corte ha confermato l’applicabilità della direttiva sul distacco dei lavoratori anche in caso di prestazioni di servizi transnazionali nel settore del trasporto su strada. 

La direttiva, secondo la Corte di Giustizia Europea, si applica in linea di principio ad ogni prestazione di servizio transnazionale che implichi il distacco di lavoratori a prescindere dal settore economico interessato, con l’obiettivo di coniugare lo svolgimento di servizi transnazionale con una concorrenza leale e nel rispetto dei diritti dei lavoratori.

La Corte ha ribadito il principio mediante il quale un lavoratore possa essere considerato distaccato nel territorio di uno Stato membro ospitante, ovvero che lo svolgimento del suo lavoro deve presentare un legame sufficiente con tale territorio. Questa circostanza si determina a seguito di una valutazione globale di una serie di elementi come: la natura delle attività svolte dal lavoratore interessato nello Stato ospitante, il grado di intensità del legame delle attività svolte da quel lavoratore con il territorio dello stesso Stato ospitante, nonché, nel caso degli autisti, per la parte che queste attività rappresentano nell’insieme del servizio di trasporto. 

La sentenza in oggetto fa riferimento, a tal riguardo, ad esempio, alle operazioni di carico o scarico di merci, alla manutenzione o pulizia dei veicoli, purché queste attività siano effettivamente compiute dall’autista interessato, e non da terzi. Il citato legame con il Paese ospitante, sostiene la Corte, non può ritenersi presente nei trasporti di transito e in quelli transfrontalieri, mentre lo è certamente nei trasporti di cabotaggio. Sotto questo aspetto, la durata del trasporto di cabotaggio è irrilevante per valutare la sussistenza di un distacco, ferma restando la possibilità degli Stati membri di disapplicare talune disposizioni della direttiva sul distacco stesso, in particolare per quanto riguarda le tariffe minime salariali quando, la durata del distacco non sia superiore a un mese. Infine, la Corte ricorda che, nell’ipotesi di un distacco di lavoratori, gli Stati membri provvedono affinché le imprese interessate garantiscano, ai lavoratori distaccati nel loro territorio, una serie di condizioni di lavoro e di occupazione fissate, in particolare, da contratti collettivi dichiarati di applicazione generale, vale a dire quelli che devono essere rispettati da tutte le imprese situate nell’ambito di applicazione territoriale e nella categoria professionale o industriale interessate.

Con una seconda Sentenza emessa nelle cause 620/18 e 626/18, la Corte ha affermato che con l’adozione della direttiva (UE) 2018/957, di parziale modifica alla direttiva sul distacco 96/71 sul distacco dei lavoratori nel quadro di una prestazione di servizi, il legislatore dell’Unione ha cercato di assicurare la libera prestazione dei servizi su base equa, garantendo una concorrenza che non sia fondata sull’applicazione, in uno stesso Stato membro, di condizioni di lavoro e di occupazione di livello diverso a seconda che il datore di lavoro sia o no stabilito in tale Stato membro, e offrendo al contempo una maggiore tutela ai lavoratori distaccati.


Proprio in virtù di ciò, la direttiva 2018/957 mira a rendere le condizioni di lavoro e di occupazione dei lavoratori distaccati, le più vicine possibili a quelle dei lavoratori impiegati da imprese stabilite nello Stato membro ospitante. Sotto questo aspetto, in conformità del principio di parità del trattamento, la direttiva sopracitata prevede che ai lavoratori distaccati non si applichino più le «tariffe minime salariali» fissate dalla legislazione dello Stato membro ospitante (che, nella pratica si risolvevano nel riconoscimento al lavoratore del solo salario minimo), bensì la «retribuzione» prevista da tale legislazione, la quale è nozione più ampia.

Inoltre, nei distacchi di durata superiore a dodici mesi o, eccezionalmente, a diciotto mesi, la direttiva 2018/957 ha imposto l’applicazione della quasi totalità delle condizioni di lavoro e di occupazione dello Stato membro ospitante.


Questo insieme di tutele del lavoratore, sottolinea la Corte, non elimina l’eventuale vantaggio concorrenziale di cui beneficerebbero i prestatori di servizi di taluni Stati membri, per cui non fa venire meno qualsiasi concorrenza fondata sui costi. Infatti, scopo della direttiva è garantire ai lavoratori distaccati l’applicazione di un insieme di condizioni di lavoro e di occupazione nello Stato membro ospitante, tra cui gli elementi costitutivi della retribuzione resi obbligatori in tale Stato; viceversa, la direttiva non interviene su tutti gli altri elementi che concorrono a determinare i costi delle imprese, come la produttività o l’efficienza, ed è su questi fattori che la concorrenza può definirsi lecita.

Fonte: ASSOTIR

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