Fabbriche chiuse, ecco i settori interessati

Il provvedimento con le nuove misure restrittive annunciate dal premier Giuseppe Conte entrerà in vigore da domani lunedì 23 marzo e durerà almeno fino al 3 Aprile. Per conoscere l’elenco di ciò che sarà aperto e chiuso occorrerà attendere che sarà messo nero su bianco il decreto. La ratio è quella indicata dallo stesso Conte: “rallentiamo il motore dell’italia ma non lo fermiamo”.  

Secondo le prime informazioni restano attive tutte le filiere ritenute essenziali, e quindi legate al settore alimentare, a quello farmaceutico e biomedicale e a quello dei trasporti. Restano attive l’industria delle bevande, le industrie alimentari, la filiera agro-alimentare e zootecnica, l’industria tessile solo legata strettamente agli indumenti di lavoro (escluso, quindi l’abbigliamento). le produzioni gomma, materie plastiche e prodotti chimici non saranno interrotte, così come la fabbricazione della carta e raffinerie petrolifere. “Salve” anche le attività legate all’idraulica, all’installazione di impianti elettrici, di riscaldamento o di condizionatori e la fabbricazione di forniture mediche e dentistiche. E, come attività legate ai servizi essenziali, restano attive anche le riparazioni della strumentistica utilizzata nella filiera alimentare, farmaceutica o dei trasporti.

Il dpcm che il governo sta limando non includerà il trasporto ferroviario di passeggeri (interurbano), il trasporto ferroviario di merci, il trasporto terrestre di passeggeri in aree urbane e suburbane, i taxi e gli ncc, gli autotrasportatori, il trasporto marittimo e quello aereo. Attive anche la gestione fognaria e quella della raccolta dei rifiuti, oltre alle attività bancarie, postali, assicurative e finanziarie. Non dovrebbero essere intaccati dal provvedimento neanche i servizi veterinari, i call center e i servizi di vigilanza privata oltre alle attività di pulizia e lavaggio delle aree pubbliche. 

Netta, invece, la riduzione delle attività legate alla pubblica amministrazione: Restano di fatto aperte gli esercizi legati a sanità, difesa e istruzione. Resta “in vita” l’assicurazione sociale obbligatoria. Esclusi, infine, i servizi di assistenza sociale residenziale e non residenziale. Continuano a operare, inoltre, edicole e tabaccai, oltre ai servizi d’informazione. 

La decisione del presidente del Consiglio arriva dopo il pressing dei sindacati, delle regioni, dei sindaci dei comuni più colpite, dell’opposizione, della maggioranza e solo dopo un’analoga ordinanza di Lombardia e Piemonte. Le resistenze legate soprattutto alla necessità di garantire la tenuta economica del Paese vengono meno dopo un altro bollettino in cui si annovera un altro record di vittime.

Il premier è consapevole  che “l’emergenza sanitaria si sta tramutando in emergenza economica”, ma – assicura – “lo Stato c’è e interverrà con misure straordinarie per ripartire quanto prima”. L’attesa è quindi per un decreto, previsto per inizio aprile, che dovrebbe stanziare almeno parte di quelle risorse, vitali per sostenere lavoratori e imprese, e non previste nel decreto del 17 Marzo, il ‘cura Italia’.

L’appello di Confindustria è stato recapitato al premier nel corso del confronto di ieri: “assicurare alle imprese tutta la liquidità di cui hanno bisogno per superare la fase transitoria attraverso un fondo di garanzia che riguardi piccole, medie e grandi aziende” 

In questa fase dell’emergenza coronavirus serve “evitare che la paura della gente si trasformi in rabbia” ha sottolineato il leader della Cgil, Maurizio Landini, nel corso della videoconferenza con il premier. “Alle imprese va data la necessaria liquidità per resiste e pagare,quando riapriranno, lavoratori e fornitori – prosegue Landini – dovremo anche pensare a come dare forza ai nostri settori strategici mettendo in campo sia un ragionamento sulle filiere strategiche sia fondi ad hoc che le supportino. Dobbiamo dare il messaggio che ciò che oggi facciamo è per vincere la guerra contro il Covid-19, ma che abbiamo già in mente il futuro”. 

“Abbiamo bisogno di liquidità, l’impatto dell’emergenza su lavoratori e imprese è preoccupante”, spiega una fonte di governo. Molto dipenderà dall’Europa. Domani si riunisce nuovamente l’Eurogruppo, chiamato a discutere, e magari decidere, di quali strumenti l’Europa potrà servirsi nell’emergenza. I Covid-bond, sono una proposta italiana che ha avuto il sostegno di Parigi e Madrid, ma non quello di Berlino e degli altri paesi rigoristi. Ma per il governo è necessario, attraverso i bond o il fondo Salva-stati, che arrivi liquidità senza condizioni.

Il tema, però, è il rapporto che ci sarà tra le risorse comunitarie e quelle che sarà chiamata a mettere l’Italia. Ricorrere ai mercati farà lievitare il debito, si stima, fino al 150-160%. Con un PIL che potrebbe sprofondare anche a -10%, l’Italia ha un disperato bisogno di spalmare il proprio debito sul resto dell’Europa, fosse anche con i Corona-Bond.

Fonte: RAINEWS

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