Il ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili: applicheremo il Bes sui progetti del Pnrr.
Dall’ASviS al Mit, anzi al Mims. Da voce dello sviluppo sostenibile in Italia al dicastero che più ha a che fare con il cemento e la benzina. Enrico Giovannini non vede una contraddizione, ma un’opportunità. E come primo atto, ha cambiato il nome del ministero, che ora è “delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili”, Mims appunto. «Non è un fatto simbolico, indica una direzione chiara. La nuova denominazione è in linea con il Pnrr e con Next generation Eu, ed è coerente con la scelta del presidente Draghi di far nascere un ministero per la Transizione ecologica. Peraltro, il nuovo decreto di organizzazione del ministero impostato dalla ministra De Micheli prevede la nascita di un terzo dipartimento dedicato proprio alla programmazione delle infrastrutture e delle reti di trasporto, che ora andrà orientata alla sostenibilità».
È una scelta per mettere il Mims al centro del Recovery plan?
Non ce n’è bisogno. I progetti del Pnrr che fanno capo al ministero sono tra i più apprezzati in Europa perché a monte c’era già un piano importante, “Italia veloce”, ma certo che il cambio di nome va esattamente nella direzione del Green deal europeo.
Come fare in modo che l’aggettivo “sostenibili” non sia solo una buona intenzione?
Non siamo all’anno zero. Il ministero, Ferrovie, Anas, i porti, solo per citare alcuni dei soggetti-chiave, stanno già andando in questa direzione. Inoltre, il sistema privato si sta muovendo: penso ai nuovi materiali per la realizzazione di infrastrutture e abitazioni, ma anche agli investimenti sui sistemi di trasporto e di logistica per ridurre le emissioni. La stessa finanza sta cambiando passo: vale come esempio il fatto che la Banca europea degli investimenti, che ha erogato finanziamenti per l’Alta velocità Napoli-Bari, abbia smesso di sostenere progetti basati su energie fossili. E il Tesoro ha annunciato nei giorni scorsi l’emissione di Btp green. Ma è importante ricordare che il riferimento alla sostenibilità non ha nulla a che fare con la “decrescita felice” perché il Green deal europeo è una strategia di sviluppo economico all’interno dei limiti ecologici. Con il cambio del nome sarà più facile far capire agli investitori nazionali e internazionali che l’Italia ha imboccato decisamente questa strada piena di opportunità anche per le imprese, oltre che per il miglioramento della qualità della vita delle persone.
Quali i primi passi concreti?
Cito 4 aspetti su cui vorrei agire subito. Per preparare l’Italia alle conseguenze dei cambiamenti climatici sulle infrastrutture e i sistemi di mobilità – penso ai porti, innanzitutto – costituirò una commissione che sarà guidata da Carlo Carraro della Ca’ Foscari di Venezia e membro del board dell’International panel on climate change. Intendo inoltre spingere sulla rivoluzione digitale: ad esempio, penso alla sensoristica per il monitoraggio preventivo delle infrastrutture per aumentare la sicurezza degli utenti. E poi c’è da accelerare la conversione del parco auto privato, degli autobus e dei mezzi pesanti, stimolando la nascita di campioni nazionali, per evitare che eventuali incentivi stimolino unicamente le importazioni. Infine, ma non meno importante, è il miglioramento della condizione abitativa, accelerando il piano per la qualità dell’abitare.
Sta pensando a un intervento pubblico per abbattere il costo delle auto elettriche?
La transizione ecologica o è giusta o non è. Mi spiego: il primo approccio francese ha portato in strada i gilet gialli perché lasciava troppe ferite sociali. Per questo nel Comitato interministeriale per la transizione ecologica c’è anche il ministero del Lavoro. Dobbiamo arrivare alla decarbonizzazione con soluzioni avanzate ma condivise, sapendo che i tempi sono stretti e noi siamo indietro. Per i temi del mio ministero seguirò il modello inglese: dei comitati settoriali con scienziati, imprese, sindacati e autorità competenti.
Sul Pnrr si doterà di un suo staff?
Le linee guida della Commissione indicano la necessità di verificare anche gli effetti finali della spesa. Per finalizzare il Pnrr ho istituito un comitato interno con 5 team: il primo sui progetti in sé, il secondo sui cambiamenti normativi che vanno fatti per l’attuazione rapida del Piano, il terzo sulle innovazioni di carattere amministrativo interne al ministero per conseguire lo stesso risultato, il quarto sulla creazione di un sistema informativo comune, il quinto per valutare l’impatto del Piano su dimensioni trasversali e in particolare su giovani, donne, Sud. Avendo stimolato la nascita del Bes, il Benessere equo e sostenibile, porterò questo approccio anche al Mims.
Intanto le urgenze premono. Su Atlantia è sicuro che il passaggio a Cdp, allo Stato, sia preferibile a soluzioni che vedano un ruolo del mercato?
Credo che il processo in corso vada completato e in tempi rapidi, anche per poter rivedere urgentemente la concessione. Occorre chiudere il contenzioso legato al passato e aprire una nuova fase di investimenti e manutenzione. È positivo che il Cda di Atlantia abbia confermato l’apertura di un negoziato con Cdp, ma spero che tutto si concluda rapidamente.
Anche su Alitalia ci sono dubbi: ha senso insistere sulla compagnia di bandiera con continui esborsi di soldi pubblici?
Anche tenendo conto delle difficoltà strutturali del trasporto aereo per la pandemia, abbiamo bisogno di un vettore nazionale importante, solido sul piano economico anche per avere la capacità di fare alleanze in futuro da una posizione di forza. Domani incontrerò i sindacati, in settimana avremo incontri con la Commissione Ue per sbloccare la questione dei ristori al trasporto aereo e per valutare con chiarezza la strada da intraprendere per trovare la soluzione definitiva.
Lei disse qualche mese fa: non serve il derby tra il “sì” e il “no” al Ponte sullo stretto, serve capire il “come”…
La ministra De Micheli aveva creato una commissione, non per la realizzazione
di un ponte ma per “l’attraversamento stabile dello stretto di
Messina”, e non è un banale dettaglio lessicale. Aspetto quindi gli esiti
della valutazione da parte della commissione.
Lei ha competenze sulle acque e sulla Guardia costiera: che linea si darà sulle migrazioni?
Questo è un dossier che toglie il sonno, letteralmente, perché quando il mare è calmo ci sono anche emergenze notturne, come quella della scorsa settimana. La Guardia costiera fa un lavoro straordinario ed è una eccellenza del nostro Paese, riconosciuta anche all’estero. Non a caso, la mia prima visita delle sedi del ministero è stata proprio al Centro operativo della Guardia costiera. Ovviamente, la politica dell’immigrazione coinvolge molte competenze, a partire da quelle del ministero dell’Interno. Abbiamo già avuto un incontro con Draghi e il ministro Lamorgese. Occorrono soluzioni nuove e autenticamente europee a un problema che è destinato a restare rilevante negli anni a venire. Proprio l’esperienza internazionale e l’autorevolezza di Draghi possono aiutare l’Ue a definire un approccio più cooperativo al problema.
Fonte: AVVENIRE.IT