Il prezzo del petrolio scende con una velocità da centometrista
sui mercati internazionali ma in Italia i carburanti sono pigri nel seguirne la
corsa: benzina e gasolio ribassano a passettini di un centesimo per volta.
In teoria alla discesa del petrolio i prezzi dei carburanti dovrebbero scendere
di 15 centesimi, ma i ribassi sono molto più guardinghi.
Sono due i motivi di questa indolenza. Il primo fatto è che circa i due terzi
del prezzo finale sono rappresentati dai tributi (accise e Iva), e quindi il
ribasso della materia prima agisce su una piccola parte del prezzo.
Il secondo motivo è industriale: i consumi di carburanti sono bassissimi per il romitaggio sanitario, con perdite del 60-70% del mercato fino al 90% in alcune zone e per alcuni prodotti, e quindi si riducono quelle economie di scala che consentono di avere prezzi più contenuti. Il margine su cui lavorare per abbassare i prezzi finali è di pochi centesimi, proprio quei centesimi di ribasso svogliato che i pochi consumatori stanno osservando.
Il crollo dei consumi
Non ci sono ancora i dati sui consumi petroliferi italiani del mese di marzo,
che dovrebbero essere divulgati dal ministero dello Sviluppo economico il 21
aprile. Tuttavia si possono anticipare alcuni dati di mercato sulla domanda di
carburanti, che è precipitata per la clausura sanitaria.
I volumi dei principali prodotti petroliferi a marzo si sono praticamente dimezzati, con punte del 90% per quelli impiegati nel trasporto aereo. Le vendite di benzina e gasolio si sono ridotte del 60-70%, con punte del 90% in Alta Italia dove la clausura sanitaria è cominciata prima.
Il peso dei costi fissi
I consumi sono scesi non solamente perché viaggiano poche automobili. Sono
molte le fonti di domanda petrolifera. Per esempio, i bitumi per le asfaltature
(i cantieri sono stati fermati per legge). Per esempio, il cherosene avio (gli
aerei sono a terra).
Ma se scendono i consumi, restano invariati i costi fissi dell’infrastruttura.
Le raffinerie continuano a macinare, anche se girando al minimo; sotto un
livello minimo di attività dovrebbero interrompere processi a ciclo continuo,
dovrebbero raffreddare le linee e vuotare le tubazioni. È un processo che
impiega molti giorni e costi altissimi, come poi impiega settimane e costi
esorbitanti il riavviamento delle raffinerie. Per questo motivo non si spengono
questi impianti. E i loro costi di manutenzione, personale, alimentazione e
gestione sono costi fissi che pesano sul prezzo.
Ugualmente non si ferma tutta la catena a valle, fino ai benzinai. Non a caso i gestori sono in affanno: devono assicurare il servizio, ma senza clienti non hanno più margine per pagare i costi. Molti benzinai hanno chiuso e altri che non possono chiudere sono in allarme, come avviene nelle aree di servizio delle autostrade.
I prezzi in corso
Vanno avanti i ribassi sulla rete carburanti italiana. Il 17 aprile Tamoil e Q8
hanno ridotto di 1 centesimo i prezzi raccomandati di benzina e diesel. Quanto
all’andamento delle quotazioni dei prodotti petroliferi raffinati in
Mediterraneo, i listini sono in aumento. Venendo ai prezzi dei carburanti sul
territorio nazionale, si osservano ancora leggeri movimenti al ribasso.
Il prezzo medio nazionale praticato in modalità self della benzina è 1,429 euro al litro, con i diversi marchi compresi tra 1,420 e 1,447 euro (i distributori senza marchio sono attorno a 1,424). Il prezzo medio praticato del diesel self è 1,319 euro il litro con le compagnie posizionate tra 1,312 e 1,336 e i “no logo” a 1,313 euro al litro.
Pochi litri al giorno
Molti distributori registrano vendite di poche decine di litri
al giorno, e ricavi commisurati. Non a caso molti benzinai cercano di
ricuperare margine rialzando un pochino il prezzo. La rete italiana di vendita
dei carburanti è poco efficiente. Molti distributori in periodi di normalità
vendono un terzo dei litri della media europea, e i costi fissi sono più
orgogliosi.
Da settimane i sindacati dei benzinai lanciano allarmi sempre più concitati
sulla sopravvivenza di molte attività.
Un problema condiviso in Europa
Problemi simili si ripetono anche in tutti i Paesi europei che
hanno alzato il freno a mano sanitario. È appena uscito il dato sui consumi in
Francia che dà un taglio della domanda del -25% per benzina e gasolio.
Si tratta di valori ben inferiori ai nostri, a conferma del fatto che anche la
reazione di un minor calo dei prezzi alla pompa rispetto al crollo dei consumi
avviene con qualche settimana di ritardo rispetto all’Italia, ma sta avvenendo
e avverrà ancora di più nelle settimane a venire.
La beffa fiscale danneggia gli
italiani
Se la benzina e il gasolio in Italia costano di più, ciò si deve alle tasse.
Secondo la rilevazione del 6 aprile, il prezzo medio italiano è più caro della
media dei Paesi dell’area di 16,1 centesimi, di cui 11,6 sono tasse e 4,5
centesimi è differenza di prezzo industriale, mentre per il gasolio di 16,5, di
cui 15,2 centesimi sono tasse e appena 1,3 centesimi è il divario sul prezzo
industriale.
Ma la media annua ponderata del divario tra Italia ed Europa sui prezzi
industriali di benzina e gasolio (sul prezzo industriale, cioè al netto delle
tasse) si mantiene ancora negativa (-6 millesimi). Cioè, se si tolgono accise e
Iva, in Italia i carburanti costano meno rispetto alla media europea.
Fonte: IL SOLE 24 ORE