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    Dai dazi un calo dell’1% ai traffici globali via mare di container nel 2025

    Dal 1979 a oggi, i volumi sono risultati in diminuzione solo nel 2020, con la pandemia, e nel 2009, con la crisi finanziaria

    28 Aprile 2025

    I traffici marittimi globali di container caleranno dell’1% in conseguenza delle politiche tariffarie Usa. Lo stima Drewry, ricordando che la flessione, che all’apparenza potrebbe risultare contenuta, sarebbe solo la terza registrata dalla stessa società di analisi da quando ha avviato le rilevazioni, nel 1979, e che nel 2020, in piena pandemia, gli scambi erano scesi dello 0,9% (l’altro calo dei tre, dell’8,4%, era stato riscontrato durante la crisi finanziaria globale del 2009).

    In particolare, ipotizzando che rimangano in vigore i dazi attualmente attivi, gli analisti prevedono un declino del 40% delle importazioni degli Usa dalla Cina, chepotranno accompagnarsi a crescite (fino al 15%) dell’import da altri paesi produttori.

    Secondo la National Retail Federation – associazione Usa che inclulde realtà del ommercio al dettaglio come Walmart e Target – gli import di container caleranno del 20% su base annuale nella seconda metà del 2025, dopo la fase di frontaloading e di crescita della domanda osservata ancora nelle prime settimane dell’anno, per effetto dei dazi ma anche per il generalizzato clima di incertezza.

    I segnali di un ridimensionamento e di una riconfigurazione delle rotte globali stanno peraltro già iniziando a vedersi riflessi nelle mosse dei liner. Come già riportato, stanno infatti aumentando notevolmente i blank sailing (cancellazione partenze nave) sulle tratte transpacifiche, in misura simile a quel che si osserva stagionalmente in concomitanza con il Capodanno cinese ma in questo caso anche con un preavviso molto limitato ai caricatori. Hapag Lloyd in particolare ha dichiarato di aver cancellato il 30% delle partenze programmate tra Cina e Usa, riducendo inoltre la capacità delle navi impiegate sui viaggi mantenuti, ma allo stesso tempo di avere osservato un massiccio aumento della domanda per trasporti con origine in Tailandia, Cambogia e Vietnam.

    Gli effetti di questa attesa flessione come prevedibile si osserveranno soprattutto nei porti Usa della costa ovest – e in particolare in quelli di Los Angeles e Long Beach – dove l’inizio del calo è atteso a partire dal mese di maggio. Il direttore esecutivo del primo, Gene Seroka, ha detto di attendersi per lo scalo un declino del 10% dei volumi, “o anche di più”, nel secondo semestre.

    Tuttavia tra Usa e Cina si stanno registrando, negli ultimi giorni, anche alcuni segnali di allentamento della tensione che potrebbero modificare il quadro attuale, che come noto da parte della prima comprende dazi indistinti del 10% su molti paesi d’origine delle merci e del 145% sui prodotti cinesi. Dichiarazioni del presidente statunitense Donald Trump a parte, la prima mossa significativa è stata una dichiarazione alla stampa del Segretario al Tesoro Scott Bessent, che ha detto di credere che l’attuale livello tariffario – “equivalente a un embargo” – tra i due paesi sia insostenibile, aggiungendo che questa è una convinzione di entrambe le parti. A queste frasi ha fatto seguito il giorno dopo, ovvero il 25 aprile, l’emergere di alcune indiscrezioni rispetto al fatto che Pechino starebbe valutando di esentare alcune importazioni Usa dal suo contro-dazio del 125% e che a questo scopo starebbe conducendo alcune indagini tra le aziende per verificare quali merci siano considerate cruciali per le loro catene di approvvigionamento. Secondo alcuni rumors, non confermati, le esenzioni allo studio potrebbero riguardare tra le altre cose i chip per computer, che la Cina non produce ‘in casa’.

    Fonte SUPPLY CHAIN ITALY 

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