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    Trasporto merci nella UE: l’intermodalità fatica

    Avrebbe dovuto essere una delle principali chiavi di lettura della strategia del Green Deal europeo, finalizzata a ridurre del 90% le emissioni inquinanti derivanti dal sistema comunitario dei trasporti, ma l’intermodalità nei paesi membri segna il passo.

    Lo rileva la Corte dei Conti europea nella sua relazione “Trasporto intermodale delle merci: il cammino dell’UE verso la riduzione del trasporto merci su strada è ancora lungo”, frutto di un audit in sette paesi membri, che traccia lo stato dell’arte del comparto e formula una serie di osservazioni da cui trarre utili raccomandazioni per migliorare l’efficacia del sostegno della Commissione.

    La relazione, pur non lesinando le critiche, riconosce l’importanza dello strumento dell’intermodalità che, consistendo nella combinazione di più modi di trasporto (stradale, ferroviario, per vie navigabili o aereo) utilizzando un’unica unità di carico, come un container, tende ad ottimizzare i punti forza di ciascuna modalità in termini di flessibilità, velocità, costi e prestazioni ambientali.

    Proprio per queste sue potenzialità l’Unione Europea ha finanziato con circa 1,1 miliardi di euro, nel periodo 2014-2020, progetti finalizzati al suo sviluppo.

    Malgrado gli sforzi compiuti per ridurre il trasporto su gomma, al momento non si sono modificati sostanzialmente i rapporti di forza che assegnano alle altre forme di trasporto solo un 23% circa, mentre il77% rimane appannaggio della movimentazione su strada.

    In questo scenario, il trasporto ferroviario, che dovrebbe essere l’asse centrale dell’intermodalità, vale circa l’11% e quindi non è in grado di dare il contributo desiderato al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione.

    Obiettivi non realistici

    I rilievi della Corte si sono concentrati, innanzitutto, proprio sulla credibilità degli obiettivi posti dalla Commissione in quanto non si riscontrano condizioni di parità per il trasporto intermodale delle merci nel territorio dell’UE a causa di ostacoli normativi e infrastrutturali.

    Tale fattore impedisce una competizione alla pari con il trasporto su strada, né sembra sussistere un supporto normativo sufficientemente efficace per sostenere l’intermodalità.

    La mancanza di una strategia in tal senso, rende, a giudizio della Corte, irrealistici gli obiettivi fissati per il 2030 e il 2050 di raddoppiare il traffico ferroviario e aumentare il ricorso alle vie navigabili interne del 50%.

    Tali valori, peraltro, non sono stati vincolanti per i singoli stati che, in molti casi, hanno fissato propri valori obiettivi non sempre in sintonia con quelli comunitari e rispondenti maggiormente a logiche locali.

    In tal modo è mancata una visione d’insieme rispondente ad un’unica strategia e, inoltre, i controlli della Commissione sono stati ostacolati dall’assenza di dati forniti dai paesi membri.

    La carenza di regolamentazioni

    Un altro punto di sostanziale importanza è quello relativo al quadro normativo che è essenziale per poter poi sostenere le scelte di politica dei trasporti.

    L’attuale versione della direttiva sui trasporti combinati è obsoleta, datata 1992, e non tiene conto di esigenze attuali quali la digitalizzazione dei documenti che accompagnano le merci, ad esempio.

    È pur vero che i tentativi di modifica effettuati in questi anni si sono scontrati con il parere negativo di alcuni paesi membri ma allo stato attuale, essa risulta inefficace.

    Allo stesso modo occorre revisionare quelle norme sul trasporto stradale che non incentivano l’intermodalità e quindi non rispondono alla strategia generale ma la ostacolano.

    Numerosi i problemi segnalati dagli auditor della Corte ed a cui si chiede di mettere ordine, tra questi i ritardi accumulati dai paesi dell’UE nel rendere le infrastrutture conformi ai requisiti tecnici stabiliti dalla normativa UE, ritardi che ostacolano la competitività dei trasporti intermodali.

    Nel corso dell’audit, la Corte ha riscontrato che è motivo di dissuasione all’impiego dell’intermodalità da parte degli operatori logistici, la mancanza o carenza di informazioni accessibili sui terminali intermodali e sulle capacità della rete in tempo reale.

    A tale proposito è necessario anche che la Commissione possa avere una visione complessiva dei terminali attuali e di quelli da implementare o ammodernare in funzione delle esigenze del settore.

    La proposta di revisione del regolamento sulla rete transeuropea dei trasporti (TEN-T) può migliorare la situazione.

    di Andrea Lombardo da Logistica

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