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    Fine del mercato tutelato dell’energia: chi ci rimette e chi no

    Nonostante i timori di molti politici, il passaggio al libero mercato per la vendita di energia e gas non dovrebbe implicare un aumento delle bollette per i consumatori. La complessità del settore rende però necessaria una campagna d’informazione.

    Il superamento delle tutele di prezzo

    Come non di rado avviene nel nostro paese, il superamento delle tutele di prezzo nella vendita al dettaglio dell’energia elettrica e del gas naturale è finito nel tritacarne di un dibattito politico che spesso produce polpette da servire in una perenne campagna elettorale. Il timore principale è che “moltissimi” consumatori si ritrovino con una bolletta maggiorata proprio in prossimità delle elezioni europee. Il superamento capita mentre scompaiono progressivamente gli aiuti (post)pandemici e più di qualcuno non vorrebbe che si ripetesse quanto già visto con l’annullamento del taglio sulle accise per i carburanti. Ma sono davvero questi i termini della questione?

    L’abbandono della maggior tutela per l’energia elettrica e del servizio di tutela per il gas naturale –meccanismi di parziale regolazione dei prezzi, introdotti all’avvio delle liberalizzazioni a garanzia dei piccoli consumatori – è stato deciso con la (prima) legge annuale sulla concorrenza, approvata nel 2017 dopo un acceso dibattito in Parlamento durato un anno e mezzo.

    La norma fissava la scadenza a luglio 2019, ma per le famiglie è stata più volte rinviata, fino ad arrivare all’attuale 1° gennaio 2024. Oggi il governo (o parte di esso) vorrebbe rinviarla di nuovo, come chiede anche quasi tutta l’opposizione. Stavolta però il target è “blindato” negli impegni per la terza rata del Pnrr, già erogata, e tornare indietro è più arduo.

    Fonte: elaborazioni ARERA su dati dichiarati dagli operatori nell’ambito del monitoraggio retail fino al 2018 ed estratti dal SII a partire dal 2019 e stima vulnerabili degli autori

    Dall’approvazione della legge 124/17 la platea dei consumatori domestici tutelati si è notevolmente ridotta: secondo gli ultimi dati disponibili, aggiornati a giugno e luglio 2023, saremmo a poco meno del 29 per cento per l’energia elettrica e al 30 per cento per il gas naturale, corrispondenti a 8,7 e 6,1 milioni intestatari di bollette; cifre che andrebbero grossomodo dimezzate sottraendo i consumatori considerati vulnerabili. Si tratta dei clienti di età superiore ai 75 anni (indipendentemente dal reddito), dei soggetti con disabilità (legge 104), dei percettori di bonus sociale perché in condizione di disagio economico o sanitario e degli occupanti di abitazioni d’emergenza in seguito a calamità naturali. Per tutti costoro è prevista la prosecuzione del servizio di tutela.

    Ma quanto tutela la tutela?

    Le tariffe regolate tutelano i consumatori? Come in molti casi, bisognerebbe rispondere: dipende. Negli anni scorsi le bollette concretamente pagate dai clienti del libero mercato sono state in media più onerose che nella tutela, con la vistosa eccezione del 2022. Nell’anno dell’emergenza energetica, le offerte a prezzo fisso per uno-due anni stipulate sul libero mercato prima dei rincari della primavera-estate hanno protetto i clienti assai più dei prezzi regolati.

    Il prezzo di tutela ha una struttura variabile. L’Autorità di settore aggiorna trimestralmente nell’elettrico e mensilmente nel gas le componenti a copertura della “materia prima”, ribaltando sul consumatore i prezzi all’ingrosso e aggiungendo un’equa remunerazione per l’attività di commercializzazione. Le restanti componenti (tariffe di rete, oneri di sistema, tasse) sono le stesse del mercato libero.

    E dunque quanto è concreto il rischio che dal 2024 i prezzi esplodano? In realtà il meccanismo è stato studiato con una certa attenzione anche sotto questo aspetto: per evitare che l’imminente scadenza delle tutele, di cui una buona parte degli italiani non è neppure al corrente, costringa a scelte frettolose e poco consapevoli, è stato stabilito che, per chi non sceglierà subito un’offerta, poco o nulla cambierà, almeno per qualche tempo, grazie al “servizio a tutele graduali”.

    Sotto il profilo della concorrenza, la fine tutela ha un doppio obiettivo: non solo lasciare il mercato finale alle sole logiche competitive, ma anche riequilibrare una distorsione risalente al Dlgs Bersani del 1999 che, se nella produzione aveva fissato tetti antitrust, nella vendita aveva invece lasciato tutto il mercato residenziale a Enel (per un 80 per cento) e alle grandi municipalizzate.

    Se a gennaio i 5 milioni all’incirca di clienti elettrici non vulnerabili non sceglieranno attivamente un’offerta, verranno assegnati per tre anni a fornitori alternativi in 26 pacchetti territoriali, attraverso aste al ribasso, in cui a vincere sarà chi accetterà di servirli al prezzo più basso. Il regime sarà formalmente di mercato libero, ma la “base d’asta” saranno le attuali condizioni di tutela.

    Più sarà competitiva la procedura, meno andranno a spendere rispetto a oggi, impossibile in ogni caso che spendano di più. 

    Anche per il gas naturale, pur senza aste, chi non sceglie verrà servito dal suo vecchio venditore a condizioni quasi identiche alla tutela, ma stavolta per un solo anno.

    L’indispensabile campagna informativa

    L’energia è un settore più complesso di altri. Con il 2024 alle porte, andrebbe quindi spiegato in modo comprensibile a tutti i consumatori che i prezzi tutelati stanno per finire, per quale ragione accade, cosa succede se non si sceglie subito e come imparare a orientarsi per quando diventerà indispensabile.

    Anche a questo aveva pensato la legge 124, secondo la quale una campagna informativa istituzionale avrebbe dovuto precedere la fine delle tutele. Per le famiglie però questa campagna non è mai stata davvero avviata dai soggetti incaricati dalla normativa, primariamente il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica e l’Autorità per l’energia.

    Chi vince e chi perde?

    Non sembrano insomma i consumatori a uscire perdenti dalla scadenza del 2024. Nell’immediato, con le aste, potrebbero anche risparmiare, sempre che a depotenziare la competizione non sia l’incertezza creata dai continui annunci di rinvio e da norme come quella del Dl lavoro sulla “clausola sociale” (passaggio ai vincitori delle aste del personale impiegato attualmente “nella gestione di attività di maggior tutela”) o dal prevedibile contenzioso in mancanza della stessa clausola.

    Vincenti dovrebbero essere i venditori elettricità non verticalmente integrati, che nella gara potranno aggiudicarsi cospicui pacchetti di clienti dagli esercenti della maggior tutela, finora contendibili solo a costi elevati (e purché sappiano tagliare definitivamente i ponti con le pratiche commerciali scorrette che danneggiano l’immagine del settore).

    I perdenti dovrebbero essere solo gli incumbent, in particolare Enel, che nel migliore dei casi nelle aste potrà riacquisire solo parte dei clienti persi, per via di un tetto previsto dal regolamento. E a cui una proroga darebbe più tempo per limitare i danni.

    Resta il fatto – anche per le cifre in gioco – che bisognerà dare le informazioni e gli strumenti ai consumatori per potersi orientare al meglio nel mare magnum del mercato libero e più in generale nelle scelte di consumo.

    DI GIONATA PICCHIO E ANTONIO SILEO

    dicembre /2023  Lavoce.info

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