Dazi USA: la svolta giudiziaria che potrebbe cambiare il commercio globale

Una recente sentenza della Corte d’Appello federale americana ha messo in discussione la legittimità dei dazi imposti dall’ex presidente Donald Trump.

Con una maggioranza di 7 a 4, i giudici hanno stabilito che le tariffe doganali introdotte tramite ordini esecutivi violano la Costituzione, superando i poteri presidenziali e invadendo le competenze del Congresso.

Il nodo giuridico: IEEPA e limiti costituzionali

Trump aveva invocato l’International Emergency Economic Powers Act (IEEPA) del 1977 per giustificare dazi contro Canada, Messico e Cina, sostenendo che il traffico illecito rappresentasse una minaccia alla sicurezza nazionale.

Tuttavia, la Corte ha chiarito che l’IEEPA non consente l’imposizione di dazi permanenti, riservando tale prerogativa al Congresso secondo l’Articolo I della Costituzione.

I pacchetti tariffari sotto accusa

La sentenza si concentra su due misure principali:

Trafficking Tariffs: dazi fino al 25% su beni da Messico, Canada e Cina.

Reciprocal Tariffs: tariffe generalizzate fino al 50%, con punte del 125% verso la Cina.

Restano esclusi i dazi su settori strategici come acciaio, semiconduttori e farmaceutica, giustificati da altre normative.

Impatti economici e scenari futuri

Se la decisione venisse confermata dalla Corte Suprema, gli effetti sarebbero dirompenti:

rimozione delle barriere tariffarie e riduzione dei prezzi;

rinegoziazione dei contratti commerciali e riallineamento della Supply Chain;

possibili richieste di rimborso da parte delle imprese per i dazi già versati.

Secondo analisi indipendenti, il bilancio federale potrebbe perdere oltre il 70% delle entrate derivanti dalle tariffe, con conseguenze fiscali e politiche significative.

Una sfida tra poteri

Oltre all’impatto economico, la questione solleva interrogativi sul bilanciamento dei poteri negli Stati Uniti.

La Corte ha ribadito che non è lecito colpire indiscriminatamente i partner commerciali sotto il pretesto di emergenze generiche.

La decisione finale spetta ora alla Corte Suprema, dove l’esito rimane incerto.

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