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    L’economia cinese supererà quella usa:  previsioni in disaccordo

    Chi sarà la Superpotenza economica del mondo nei prossimi decenni? Il calo produttivo degli Stati Uniti, la guerra commerciale e doganale avviata con l’amministrazione Trump e l’aggressività di Pechino hanno fatto scommettere a molti che nel giro di quindici anni scarsi il vento girerà in poppa all’estremo oriente.

    Tuttavia ci sono segnali contrastanti e alcuni centri di ricerca di caratura internazionale si mostrano meno sicuri delle previsioni fatte negli ultimi anni.

     Wall Street prevede il sorpasso nel 2035

    Paradossalmente i più negativi nei confronti delle sorti dell’economia statunitense sono proprio gli analisti di Goldman Sachs, che operano direttamente da Wall Street: anche nell’ultimo report pubblicato a fine anno, la firma finanziaria ha confermato che il 2035 è candidato ad essere l’anno del sorpasso cinese.

    Nel report si sottolinea come l’economia di Pechino abbia colmato la gran parte del gap con quella di Washington, balzando dal 12% del PIL USA nel 2000 a poco meno dell’80% entro fine 2022.

    Guardando questi numeri – è la tesi di Goldman Sachs – è improbabile che, anche ammettendo dei rallentamenti nella crescita economica del dragone cinese, il restante 20% non sia colmato nei prossimi 12 anni.

    Per gli analisti statunitensi, dunque, la crescita del PIL cinese rimarrà pari almeno al 4% tra 2024 e 2029, contro una previsione dell’1,9% per gli USA.

    PIL e andamento demografico

    Gli scricchiolii di questa teoria arrivano però da un partner economico non di secondo piano per gli Stati Uniti, ossia il Giappone, che con il suo Japan Center for Economic Research ha rivisto le stime di crescita dell’economia cinese al punto da invertire le previsioni.

    L’andamento del PIL è infatti fortemente intrecciato con quello demografico dei due Paesi e, sebbene i ritmi della Cina siano più frenetici, un rallentamento anche lieve provoca un effetto maggiore sulla nazione asiatica che su quella nordamericana.

    È vero, infatti, che la popolazione statunitense è cresciuta appena dello 0,1% nel 2021, tasso minimo di tutti i 246 anni di vita degli Stati Uniti, e che l’India si appresta a diventare la seconda nazione più popolosa del pianeta dopo la Cina, scalzando gli USA al terzo posto; è altresì vero che su questo dato hanno inciso la maggior mortalità dovuta al Covid-19 e l’abbassamento della natalità durante gli anni di crisi economica pre e durante la pandemia.

    È però altrettanto vero che la natalità cinese sta anch’essa calando, come la disponibilità di manodopera: pur rimanendo su cifre molto più alte di quelle statunitensi, l’accresciuto benessere di una parte della società cinese fa sì che anche i costi del lavoro salgano, così come la percentuale di cinesi con un titolo di studio, meno disposti a ricoprire ruoli di basso livello.

     Giapponesi scettici sul sorpasso

    Se il Japan Center for Economic Research ha modificato le sue passate previsioni, che vedevano l’economia cinese superare quella USA già nel 2033, ribaltandole in una prospettiva irrealizzabile per ‘diverse decadi’, è per una somma di fattori.

    La Cina ha, sì, un’enorme popolazione e, dunque, una potenziale massa di manodopera a basso costo cui attingere, ma proprio per lo stesso motivo ha una zavorra non indifferente da portarsi appresso.

    Le campagne cinesi rappresentano il grosso della popolazione, a tutt’oggi con un livello di formazione culturale e professionale scarsamente qualificato, che non consente di elevare la produzione oltre determinati standard; la società cinese è divisa in due segmenti, uno benestante ed uno sulla soglia della povertà: manca un ceto medio radicato nel Paese.

    Dunque, la Cina ha molta natalità, ma anche un minimo calo incide su un tessuto industriale che produce ancora in misura maggiore basandosi sulla quantità più che sulla qualità. Inoltre, gli economisti giapponesi danno molto peso alle strategie sociali di gestione dello Stato cinese che hanno impatto sull’economia, come la ‘politica zero-Covid’, che si sta rivoltando contro la produzione e la logistica di Pechino, malgrado le recenti aperture.

    Sia la diminuzione della crescita demografica, sia le imbriglianti politiche sociali agiranno da freno all’economia dell’ex-Celeste Impero sul lungo termine, secondo gli analisti nipponici.

     I numeri del rinvio

    Per il Japan Center for Economic Research, Pechino non sarà in grado di superare il PIL statunitense nemmeno dopo il 2036, vuoi per il rallentamento della produzione, vuoi per la diminuzione delle esportazioni proprio dagli USA, vuoi per la carenza sempre maggiore di mano d’opera.

    I Giapponesi prevedono un rallentamento della crescita economica della Cina al di sotto del 3% entro il 2030. Al contrario di quanto sostenga Goldman Sachs, nel 2035 scenderà al 2,2%, in calo di 0,8 punti percentuali rispetto alla stima del 2021 e vicino alla crescita statunitense dell’1,8% nello stesso anno. 

    Sebbene l’economia cinese, misurata dal PIL nominale, si avvicinerà a quella degli Stati Uniti, secondo l’analisi nipponica arriverà solo all’87% di quella degli Stati Uniti nel 2035. 

    di Andrea Lombardo da Logistica Lombardo

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