di Andrea Lombardo
Chiunque voglia portare le proprie merci via mare dall’Asia e dal Medio Oriente in Europa non ha altra possibilità che il transito per il canale di Suez.
A meno di non voler affrontare una pericolosa circumnavigazione dell’Africa, doppiando il capo di Buona Speranza con tempi e costi decisamente superiori.
Le altre alternative prevedono le rotte terrestri che però, seppur in crescita sotto la spinta soprattutto della Cina che tende a rafforzare le reti ferroviarie dall’Asia centrale all’Europa, sembrano ancora ben lontane dal poter insidiare il trasporto per mare considerato molto più economico anche se più lento.
Il ruolo strategico del canale di Suez è testimoniato dai dati esposti nel corso della presentazione avvenuta pochi giorni fa al Cairo del quarto rapporto sul canale in questione realizzato da SRM, centro studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo, e da Alexbank, controllata egiziana del gruppo bancario italiano.
Lo studio, dal titolo “L’impatto della guerra e della pandemia sulle rotte marittime, analisi degli indicatori di competitività dei porti, il ruolo dell’Egitto nei commerci mondiali e lo sviluppo delle SCZone”, fornisce una fotografia aggiornata del traffico in transito lungo il canale più lungo del mondo senza chiuse, creato dall’uomo oltre 150 anni fa, dal quale passa il 12% del traffico marittimo mondiale.
Simbolo della globalizzazione
Nell’epoca in cui le supply chain hanno assunto un carattere di estrema globalità, il canale di Suez rappresenta il passaggio obbligato delle forniture provenienti dalla Cina e dirette in Europa e nel continente americano.
Da esso transita il 30% del volume dei container del trasporto marittimo internazionale e quasi il 5% del greggio mondiale, il 10% dei prodotti petroliferi e l’8% dei flussi marittimi di GNL, confermandosi, per la sua posizione, collegamento chiave per il commercio di petrolio da Paesi come l’Arabia Saudita verso Europa e Nord America.
Nel solo 2022 il numero di navi in transito nel canale è stato di 23.583 unità, segnando una crescita del 15% rispetto all’anno precedente e, dato ancora più significativo, consolidando un incremento del traffico in dieci anni del 42%.
In particolare, il 13 marzo il canale ha stabilito il nuovo record di passaggi giornalieri con 107 navi in transito in entrambe le direzioni.
Il ruolo nell’economia italiana
Il canale di Suez ha un peso rilevante anche per l’import-export italiano in quanto vi transita il 40% di tutto l’interscambio commerciale marittimo nazionale stimato in 82,8 miliardi di euro, un dato che in termini di importanza va al di là del valore di interscambio con l’Egitto.
L’Italia, comunque, secondo l’indicatore dell’Unctad PLSCI (Port Liner Shipping Connectivity Index) nel 2021 è stato il paese più connesso via mare con l’Egitto nel settore dei container precedendo Spagna, Arabia Saudita e Cina.
Posizionamento che testimonia la crescita del nostro paese se si tiene conto che nel 2006 la leadership spettava alla Cina e l’Italia figurava al quinto posto.
Attualmente l’Italia è il primo partner europeo dell’Egitto ed il quinto al mondo dopo Cina, Arabia Saudita, Stati Uniti e Turchia.
L’import-export con l’Egitto ha raggiunto nel 2022 il valore di 6,9 miliardi di euro.
Le SCZone
L’anno scorso i ricavi del canale hanno registrato il massimo storico di 8 miliardi di dollari con un aumento del 25% rispetto al 2021, grazie non solo al buon andamento dei transiti ma anche di alcuni aumenti tariffari registratisi nell’anno che hanno contribuito a recuperare la flessione che era stata causata dalla pandemia.
Per il 2023 sono annunciati altri aumenti che colpiranno le navi Dry Bulk e le Crociere per un 10% mentre tutte le altre saranno penalizzate di un ulteriore 15%.
Il canale è quindi diventata una importante fonte di reddito per l’economia egiziana che si è accollata negli anni passati i lavori di ampliamento del canale, senza ricorrere ad investimenti stranieri, ed oggi cerca di trarne profitto.
A tale proposito, il Governo egiziano sta portando avanti una politica di realizzazione di una zona economica speciale nell’area del canale allo scopo di attirare investimenti in settori quali la logistica.
Al momento la Suez Canal Zone ha attirato circa 18 miliardi di dollari di investimenti con 305 stabilimenti operativi e conta su un area operativa di 461 chilometri quadrati.
Fonte Logistica news