Nuove modalità per il mondo del lavoro: rivoluzione o evoluzione?

Nel mondo del lavoro i segnali di cambiamento si moltiplicano e sono sempre più evidenti: tra lavoro da remoto, smart working, mancato incontro tra domanda e offerta di lavoro, ondata di dimissioni in massa, quiet quitting (cioè il cosiddetto “abbandono silenzioso”, ovvero la tendenza a lavorare lo stretto necessario) e NEET (cioè giovani che né studiano né cercano lavoro) si tratta di una vera e propria rivoluzione.

O, forse, di un’evoluzione che però stenta ad essere compresa sia dalle aziende che, soprattutto, dal mondo della politica.
Mentre il lavoro da remoto sta costantemente calando e tornando ai livelli pre-pandemici (e continua a riguardare le persone più istruite), nel frattempo, a fine 2022, in Italia, secondo i dati forniti dall’ISTAT e dal Ministero del Lavoro, circa 2 milioni di persone hanno lasciato il lavoro senza, in molti casi, averne già un altro. I NEET sono stimati essere attorno ai 3 milioni. Eppure, paradossalmente, ci sono almeno 500.000 posizioni scoperte che si situano tra gli specialisti di alto livello (data scientists, esperti di intelligenza artificiale etc.) ma anche tra gli operai specializzati. Alcuni accusano scuole, università e corsi di formazione di non interagire abbastanza con il mondo del lavoro, altri danno la colpa alle famiglie troppo protettive ed al fatto che i giovani snobbino molte professioni o non siano minimamente motivati a lavorare, altri ancora ritengono che le aziende non effettuino le selezioni in modo appropriato o non investano abbastanza in formazione.
Le nuove tecnologie, in particolare l’intelligenza artificiale (e, in prospettiva, il metaverso che sta appena iniziando a svilupparsi), dovrebbero schiudere nuovi scenari. Il lavoro a distanza è reso possibile da strumenti sempre più innovativi ma restano critici alcuni fattori intangibili come la circolazione delle idee, la socializzazione e la soddisfazione sul lavoro. A più di tre anni dall’inizio della pandemia, gran parte delle aziende deve ancora consolidare le nuove strutture e processi per il lavoro ibrido: la transizione si sta rivelando più difficile rispetto alle aspettative. La posta in gioco, in effetti, è molto alta perché non si tratta solo di decidere se tutti debbano tornare a lavorare in ufficio a tempo pieno: l’adattamento al lavoro ibrido costringe inevitabilmente a mettere in discussione assunti dati per scontati sul “come” e sul “chi” dovrebbe svolgere il lavoro.

Si tratta di forse del mutamento più significativo rispetto a qualunque altro cambiamento avvenuto nelle ultime generazioni. Ripensare il lavoro svincolato dalle vecchie regole è complicato e si sta entrando in un futuro di cui si sa ancora pochissimo.

Costringere le persone ad auto-motivarsi è un ossimoro. Secondo gli studi del famoso psicologo statunitense Abraham Maslow, ideatore dell’omonima piramide che raffigura la gerarchia dei bisogni degli esseri umani, una volta soddisfatti i bisogni che si trovano nei primi due livelli di base, ovvero il bisogno di cibo e acqua (livello più basso) e poi di un riparo per garantirsi la propria incolumità (secondo livello), subentra quello di appartenenza che ha a che fare con il sentirsi parte della propria comunità. Dopo di che c’è il bisogno di prestigio, cioè di avere la stima da parte degli altri. Il bisogno di autostima e poi, infine, il bisogno di autorealizzazione (che si colloca in cima alla piramide), arrivano solo dopo. Molti dei vecchi dirigenti sono rimasti legati al concetto di prestigio e non riescono ad andare oltre. Molti giovani, invece, partono già dall’autostima e vorrebbero l’autorealizzazione. E’ evidente che si tratta di due approcci diversi che possono creare incomprensioni e tensioni.

In questa epoca storica le persone hanno un forte bisogno di darsi un senso ed uno scopo, anche e soprattutto nel lavoro. Ai leader si chiede sempre più spesso di essere non solo dotati di un’adeguata “Intelligenza emotiva”, ma anche di un’“Intelligenza spirituale” (concetto che non ha a che fare con le religioni in senso tradizionale, ma semmai con l’etica ed i valori). Eppure molte aziende, proprio come gli individui, sembrano immerse in una “crisi di significato” e sono bloccate da vecchi modi di agire: in prospettiva, invece, dovranno necessariamente imparare ad essere più innovative e socialmente responsabili, perché il loro successo dipende in misura crescente da fattori sociali, piscologici, culturali.

da Shape Consulting 7 luglio 2023

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