La fine del 2023 riserva brutte sorprese per quella che è la principale forma di trasporto delle merci da e per lo stivale: l’autotrasporto. Per la verità, la vera sorpresa è soltanto una, mentre le altre sono spade di Damocle appese da lungo tempo sulla strada dei TIR; che il traforo del Monte Bianco, il più lungo d’Europa, dovesse chiudere per ammodernamenti è noto infatti da tempo, come lo è l’incredibile tempistica che ne dilaziona i lavori spalmandoli su 18 anni: un’attesa che non garantirà la maturità del traforo restaurato, visto che nel frattempo la UE potrebbe persino mettere fuori legge le infrastrutture con una sola galleria, dette ‘a singola canna’, in favore di quelle ‘a doppia canna’ per separare i flussi di andata e ritorno.
Che il Brennero sia, a sua volta, oggetto di annose questioni tra Austria e Italia sulla gestione del traffico transfrontaliero, con tutto lo strascico di chiusure temporanee e lo stillicidio di controlli che si ripercuotono sulla viabilità, non fa più notizia da almeno un secolo, per quanto fare il callo a 100 km di coda in uscita dall’Italia risulti sempre difficile.
Novità inattesa è, invece, la sospensione degli accordi di Schengen tra Slovenia e Italia in virtù dell’esigenza di scongiurare il possibile ingresso dalla rotta balcanica di ‘lupi solitari’ legati al mondo dell’estremismo islamico: una decisione che giunge come conseguenza dell’esplosione dello scenario mediorientale.
Monte Bianco, 18 anni di chiusure
La chiusura del traforo del Monte Bianco, necessaria per consentire la realizzazione di lavori di manutenzione e ammodernamento della galleria inaugurata nel 1965, prevista a partire dal 16 ottobre 2023, avrà pesanti ripercussioni sulla logistica merci tra Italia e Francia.
La galleria, che collega Courmayeur, in Valle d’Aosta, a Chamonix, in Francia, è utilizzata ogni anno da circa 5 milioni di veicoli, di cui il 25% è costituito da mezzi pesanti. Di questi, circa 1,5 milioni sono veicoli diretti in Italia, per un totale di 30 milioni di tonnellate di merci.
Secondo dati di Confindustria «dal traforo transita il 3,5% circa del traffico di autoveicoli e moto che attraversa le alpi (da Tarvisio a Ventimiglia) e il 5,4% di quello di mezzi pesanti. Nel 2022 si sono registrati poco meno di 562mila mezzi pesanti, pari a un traffico giornaliero medio annuale di 1.539 camion e tir. Nei primi sei mesi del 2023 il traffico pesante ha contato oltre 311mila mezzi in transito nelle due direzioni».
Bastano questi numeri a far comprendere come il primo stop al transito della durata di 9 settimane, sino al 18 dicembre 2023, avrà conseguenze pesanti sulla logistica merci tanto più che anche il traforo del Frejus chiuderà per alcune settimane e analoghe fermate sono da mettere in conto per i valichi del Grande e del Piccolo San Bernardo.
Il cronoprogramma dei lavori al tunnel del Monte Bianco prevede chiusure di circa 4 mesi all’anno per 18 anni, «il che rende il disagio e i maggiori costi per le imprese praticamente strutturali», come è stato sottolineato a più riprese dal mondo produttivo.
Disagi per la logistica italiana
La chiusura del traforo del Monte Bianco rappresenta un ostacolo significativo per la logistica italiana.
I transiti merci tra Italia e Francia, ma anche diretti in Svizzera e Germania, dovranno, infatti, essere ridistribuiti su altre rotte, con un aumento dei costi e dei tempi di consegna.
In particolare, è prevedibile che la riallocazione dei transiti merci su altri percorsi comporterà un aumento dei costi di trasporto, sia per le imprese che per i consumatori, che alcuni operatori già valutano in un rincaro anche del 25% rispetto ai concorrenti europei.
Inoltre, l’aumento dei tempi di trasporto potrebbe portare a ritardi nelle consegne di merci, con ripercussioni negative sulle imprese.
Anche sul piano della sostenibilità si potrebbe registrare un aggravio dell’inquinamento atmosfericocausato dall’utilizzo di nuovi percorsi generalmente più lunghi.
Transiti a rischio e regioni interessate
I transiti merci a rischio sono quelli che passano dal traforo del Monte Bianco per raggiungere l’Italia o uscirne.
È facile prevedere che la maggior parte del traffico verso e dalla Francia e Svizzera si trasferirà sulle strade a autostrade del Piemonte ma anche della Lombardia e della Liguria dove si trovano i porti italiani da cui partono le merci destinate all’export.
I percorsi delle merci che subiranno maggiori criticità sono quelli diretti o provenienti dalla Francia e l’Europa settentrionale che dovranno essere ridistribuiti su rotte alternative, come il traforo del Frejus o il passaggio attraverso il Brennero.
Anche i transiti merci da/per il Nord Italia dovranno trovare nuovi percorsi, come la viabilità ordinaria o il trasporto ferroviario, con le conseguenze che si possono immaginare.
Sul piano strettamente economico, infine, la regione che rischia di accusare il maggior colpo è la Valle D’Aosta dove, secondo i dati del recente Annuario statistico della Regione, le industrie locali, nel 2022, hanno realizzato un volume di esportazioni di quasi un miliardo di euro di cui quasi il 55% con Francia, Svizzera e Germania, cifre che ribadiscono il valore strategico del valico.
Alternative proposte alla chiusura totale
Sulla chiusura del traforo del Monte Bianco, Spediporto, l’associazione che rappresenta le imprese di spedizione italiane, oltre a mandare un allarme sulla situazione che rischia di paralizzare porti e vie d’accesso, ha posto l’accento sulla necessità di porre in pratica misure idonee a mitigarne gli effetti, alcune delle quali già oggetto di dibattito nei mesi scorsi.
Tra di esse si può immaginare per le importanti ricadute che avrebbe sull’operatività, la realizzazione di un corridoio doganale per i veicoli in transito tra Italia e Francia per consentire loro di attraversare il confine senza doversi fermare ai relativi controlli.
Un’ulteriore ipotesi lanciata dall’Associazione è quella di promuovere il trasporto ferroviario come un’alternativa sostenibile al trasporto su gomma, ma è necessario investire nella sua infrastruttura in quanto, al momento, non è pensabile il suo utilizzo alle attuali condizioni.
Infine, un richiamo che, nell’occasione, appare doveroso in considerazione del lungo periodo d’emergenza che attende tutti gli operatori, è quello relativo alla necessità di aumentare la capacità delle infrastrutture stradali e portuali in modo da consentire una corretta gestione dell’aumento del traffico merci.
La sospensione di Schengen tra Italia e Slovenia
Per un periodo meno importante – la misura viene definita dal Ministro dell’Interno Piantedosi come ‘temporanea’ – contribuirà a rallentare i traffici merci su gomma che debbono attraversare un altro confine, quello sloveno, la sospensione del trattato di Schengen deciso dal governo all’indomani dell’acuirsi del rischio attentati di matrice islamista in Europa.
Considerato come un confine permeabile, gli oltre 100 km che dividono il Friuli-Venezia Giulia dalla Slovenia sono nuovamente presidiati dalle 14:00 di sabato 21 ottobre da un contingente di polizia locale cui si sono aggiunti rinforzi da parte di esercito e altre forze dell’ordine per almeno 350 uomini.
Il provvedimento ha durata iniziale di 10 giorni, rinnovabili, e non riguarda esclusivamente il confine sloveno, interessando infatti anche quello austriaco e svizzero, lungo i quali la sorveglianza è stata rafforzata.
Al di là delle questioni di sicurezza nazionale ed europea, il dato di fatto è che i km di coda in uscita ed entrata al Brennero aumenteranno con ogni probabilità, mentre gli autotrasportatori che operano con la Slovenia andranno incontro a possibili disagi.
Di Andrea Lombardo Fonte Logistica News