L’economia italiana, come un ballerino che segue un ritmo incerto, danza assieme alle sorti del Mar Rosso. Il legame con le tensioni geopolitiche e gli eventi che affliggono i traffici marittimi internazionali hanno infatti un impatto ben più significativo sul nostro Prodotto Interno Lordo (PIL) di quanto non si immagini e, al momento, non si percepisca.
È proprio dal Documento di Economia e Finanza (meglio noto come ‘Def’) che emergono evidenze chiare di come i ritardi nei viaggi marittimi delle merci e i rincari dei noli dei container pesino sulle prospettive economiche programmate dal governo italiano.
Il tutto fermandosi ‘ai primi danni’, ossia senza prendere in considerazione il messaggio implicito che diversi analisti hanno colto dietro alla dimostrazione di forza dell’Iran contro Israele, ossia che la globalizzazione per come l’abbiamo sinora intesa è da darsi ormai per terminata.
La nostra dipendenza dai trasporti marittimi internazionali
Primi danni, si diceva: da oltre 7 mesi il canale di Suez, la via privilegiata per le rotte commerciali globali, è al centro delle tensioni politiche e militari originate dallo scontro tra Hamas e Israele. Proprio l’aver messo Suez e lo stretto di El Mandeb sotto tiro è stato il segnale che la curvatura degli eventi andava in direzione di un simbolico (e materiale) scontro tra un certo mondo islamico e l’Occidente, rappresentato dai suoi commerci.
Saltando direttamente a casa nostra, il blocco dei traffici a Suez – che ha perso oltre il 60% dei transiti – ha un impatto diretto sull’economia italiana.
Quei 10-15 giorni di navigazione aggiuntivi per circumnavigare l’Africa, spesso senza poi nemmeno entrare nel Mediterraneo per fare rotta sui grandi porti del nord Europa, ridiscutono infatti le previsioni del governo per il biennio 2024-25.
L’andamento dell’import-export dal 7 ottobre in avanti, zavorrato da ritardi e noli marittimi per i container nuovamente alle stelle, pesa circa un mezzo punto di Pil cumulato. Ma non è tutto: se ia questo scenario si aggiungesse anche un aumento del prezzo del greggio e del gas metano, come molti si aspettano per via dell’instabilità del nord Africa, si aggiungerebbe facilmente un ulteriore 0,1% all’impatto negativo sul PIL italiano.
Le frenate tedesca e cinese ridimensionano la crescita
C’è poi la frenata dell’economia tedesca a darci un’ulteriore spallata, con il primo anno negli ultimi dieci – pandemia a parte – che vede le vendite verso Berlino in calo.
Assommando tutto, la crescita attesa indicata dal governo nella manovra pari all’1% nel 2024, rischia di doversi ridimensionare di almeno lo 0,2%, scendendo allo 0,8%. Qualora dovesse esserci uno strascico sul 2025, potrebbe concretizzarsi in uno 0,3% in meno rispetto alla stima ottimistica dell’1,2%, che scenderebbe così ad un più modesto 0,9% di crescita.
In soldoni, come si suol dire, quest’anno andrebbero in fumo quattro miliardi di euro di crescita, mentre nel 2025 la cifra salirebbe a sei miliardi di euro.
Nella migliore delle ipotesi, potremmo lasciare per strada ‘solo’ uno 0,1% di PIL dovuto al rallentamento dell’altra locomotiva economica globale, la Cina.
In tutti i casi, si tratta di una situazione che problematica in vista della prossima Finanziaria, già ‘a caccia’ di risorse in partenza.
Il Mar Rosso e le rotte commerciali
Le tensioni nell’area mediorientale e nel Mar Rosso ci riguardano dunque molto da vicino. Molti armatori sono costretti a dirottare le rotte verso il Mediterraneo, circumnavigando l’Africa, a causa degli attacchi degli Houthi nello stretto di Bab el-Mandeb. I giorni di navigazione in più portano con sé consegne tardive e maggiorazioni dei costi, aggravate dall’aumento del prezzo dei carburanti.
Se i prezzi dei noli, così rincarati, fanno segnare un aumento del 124,8% rispetto al 2023 e qualora dovessero mantenersi tali sino a fine anno, il Pil rischierebbe una perdita di due punti decimali quest’anno.
Altra conseguenza quasi immediata sarebbe la contrazione degli scambi commerciali con Africa, Medio Oriente ed Asia.
L’interdipendenza tra l’economia italiana e i traffici marittimi internazionali è evidente e quanto accade allo shipping richiede attenzione e strategie per mitigarne gli impatti negativi.
Dal governo ci si aspetta una considerazione attenta di queste dinamiche quando pianifica le politiche economiche e finanziarie, poiché il destino del PIL italiano è strettamente legato alle sorti del Mar Rosso.
Da LogisticaNews di Andrea Lombardo