La Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo, meglio nota con l’acronimo inglese UNCTAD, è l’organismo internazionale che monitora e analizza le dinamiche economiche globali con particolare attenzione ai paesi in via di sviluppo e ogni anno pubblica il “Review of Maritime Transport”, un rapporto di riferimento per il settore logistico e marittimo.
L’edizione 2025 lancia un chiaro avvertimento: lo shipping globale sta entrando in una fase di crescita fragile, costi crescenti e incertezza geopolitica.
Crescita debole e rotte instabili
Dopo una ripresa apparsa solida nel 2024, il commercio marittimo sta mostrando segni di rallentamento: le previsioni per il 2025 indicano un incremento marginale dei volumi (appena del +0,5%), mentre il rapporto tonnellate-miglia – che misura l’effettivo lavoro delle navi – sono cresciute del 6% lo scorso anno, spinte da deviazioni su lunghe distanze causate da tensioni geopolitiche.
Anche le rotte tradizionali si stanno riconfigurando, con porti storicamente di riferimento che vengono espunti dalla lista delle chiamate, viaggi più lunghi e costi operativi in costante aumento – in particolare, pesa la voce delle assicurazioni.
Energia e materie prime sotto pressione
Nemmeno a dirlo, anche il trasporto di beni legati all’energia è in piena trasformazione.
Per effetto delle politiche di decarbonizzazione i volumi di carbone e petrolio sono in calo, mentre il gas naturale continua a guadagnare mercato.
In parallelo i minerali critici, le famose ‘terre rare’ – fondamentali per batterie, tecnologie rinnovabili e digitali – stanno diventando un nuovo terreno di competizione globale, che vede il loro trasporto marittimo in forte crescita, ma accompagnato da tensioni commerciali e strategie di approvvigionamento sempre più aggressive.
Costi ambientali e volatilità dei noli
Le tariffe di trasporto marittimo sono sempre più volatili, ostaggio del perenne confronto con un’era decennale di stabilità ormai del tutto spazzata via: dopo una serie di eventi incendiari che hanno rappresentato delle cuspidi inattese, come la crisi del Mar Rosso nel 2024, per dirne una, che hanno provocato picchi improvvisi nei costi di trasporto, le tensioni persistenti registrate nel 2025, in particolare attorno alla scena israeliana e iraniana, alimentano una costante paura di nuove interruzioni.
Senza contare che tutta la situazione degli ultimi tre anni si innesta sulla già sconvolgente dinamica della guerra tra Russia e Ucraina, che ha gambizzato i transiti nel Mar Nero e portato a rialzi di base dei traffici internazionali per via delle sanzioni contro la Federazione Russa – ‘dettagli’ quasi dimenticati nel dibattito quotidiano.
A ciò si aggiungono poi i costi di conformità ambientale, come la tassazione sulle emissioni, che stanno ridefinendo l’economia dello shipping: i paesi in via di sviluppo, in particolare gli stati insulari e meno avanzati, sono i più esposti a queste pressioni.
Porti congestionati e transizione digitale
I porti hanno anch’essi i loro grattacapi, in quanto molti soffrono per le congestioni e i tempi di attesa crescenti.
L’UNCTAD, nel suo report, sollecita investimenti in automazione, facilitazione del commercio e partnership pubblico-private.
Altro aspetto importante, con l’avanzare della digitalizzazione, la cybersicurezza diventa una priorità strategica per la resilienza delle infrastrutture logistiche.
Sostenibilità e flotta globale
Nel 2024 le emissioni di gas serra del settore marittimo sono aumentate del 5%: solo l’8% del tonnellaggio mondiale è attrezzato per carburanti alternativi, e la riconversione delle navi resta marginale.
Secondo la segretaria generale dell’UNCTAD, Rebeca Grynspan, le transizioni verso la decarbonizzazione, la digitalizzazione e nuove rotte devono essere “giuste”: inclusive, resilienti e capaci di rafforzare — non indebolire — i soggetti più vulnerabili della catena logistica globale.
Fonte Logisticanews
Settembre 2025