L’Europa accetta dazi del 15% all’export negli Usa, evitando scenari peggiori, ma consegnando a Trump una vittoria gravida di conseguenze.
28 luglio 2025 ISPI – Istituto per gli Studi di Politica Internazionale
All’indomani dell’annunciata intesa raggiunta con gli Stati Uniti sui dazi, in Europa la sensazione è quella di una sconfitta difficile da digerire. L’accordo, che prevede tariffe base al 15% a partire dal 1° agosto su tutte le merci europee esportate negli Usa, più un’altra serie di impegni su energia e armi, è stato accolto come una capitolazione, in cui il Vecchio Continente ha poco di cui andar fiero. Anche se “era il miglior approdo che si potesse raggiungere” come ha precisato Ursula von der Leyen, l’impressione è che – pur avendo delle frecce al suo arco – l’Europa abbia scelto di non usarle, per evitare un periodo di incertezza e per non dover combattere una battaglia che avrebbe potuto danneggiarla su altri fronti, come quello militare e di difesa. Come evidenziano Moreno Bertoldi e Marco Buti in un’analisi per ISPI, la parte americana “è riuscita a imporre la propria narrativa e la propria agenda” mentre “il lato europeo ha assunto una posizione estremamente difensiva e reattiva, focalizzata sulla riduzione delle perdite”. La suspense è durata fino all’ultimo e l’accordo è stato raggiunto sul filo di lana a cinque giorni dalla scadenza del 1° agosto, precedentemente fissata da Donald Trump, oltre la quale le esportazioni europee avrebbero dovuto affrontare dazi punitivi del 30%. Così, tra due mali, i 27 hanno scelto il minore: un compromesso sbilanciato a favore degli Stati Uniti piuttosto che il rischio di una guerra commerciale dalle conseguenze imprevedibili. “Preferiamo la stabilità alla totale imprevedibilità”, ha giustificato il Commissario europeo per il Commercio, Maros Sefcovic. Ma è probabile che l’immagine della presidente della Commissione, il sorriso tirato, seduta immobile e in silenzio accanto al presidente Usa nella sala da ballo di un resort golfistico di Turnberry, sulla costa occidentale della Scozia, rimarrà nell’immaginario europeo, commentano oggi diversi osservatori, come una delle pagine più umilianti della storia dell’Unione.