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    La morsa che strangola l’autotrasporto

    di Andrea Lombardo da Logjstica

    Costa tutto di più, i carburanti non fanno eccezione e gli eventi bellici in Ucraina non migliorano la situazione. L’autotrasporto italiano inizia a non poterne più e a mostrare la sua protesta plateale per l’insostenibilità della situazione: condurre un Tir, oggi, è anti-conveniente.

    Il problema non è di facile risoluzione, in quanto la partita che scarica i suoi effetti nefasti sul costo dei carburanti si gioca letteralmente in un altro campionato rispetto a quello della singola nazione italiana. Non sarà facile farlo capire agli autotrasportatori, come a qualsiasi cittadino schiacciato dai rincari, tuttavia il Governo stesso ha la responsabilità di trovare delle soluzioni o, per o meno, di applicare quelle che sono sette lasciate nel cassetto per troppo tempo.

    La causa scatenante, che lavora ai fianchi l’autotrasporto da mesi, è il rincaro dei carburanti. Il più usato è il diesel, che sui veicoli più moderni è additivato con l’AdBlue per diminuirne l’impatto ambientale, poi ci sono i ‘pionieri’ del GNL.

    Ebbene, non uno di questi propellenti è rimasto entro prezzi accettabili, mediamente i rincari sono stati almeno del 25% nell’anno, con maggior incidenza, dato il più alto investimento iniziale, per quei veicoli a tecnologia più ecologica.

    Se si considera che il 30% circa dei costi operativi dell’autotrasporto è occupato dalla voce  ‘carburante’, si capisce che il suo aumentare e avvicinarsi alla metà del totale rende difficile mantenere una redditività del lavoro.

    Si tratta di un problema esplosivo, che si somma a malcontenti sedimentati nella categoria degli autotrasportatori.

    Potremmo renderci conto di che cosa accadrà all’Italia nei prossimi mesi qualora il tavolo con la Ministra Bellanova dovesse arenarsi: Unatras, che riunisce le sigle sindacali dell’autotrasporto, ha già fatto sapere che lo sciopero generale è all’orizzonte, con la paralisi di quell’80% di merci che viaggiano su gomma.

    Il problema è che non si identificano interventi tali da invertire la rotta, se non momentaneamente. È vero che che delle azioni – la stessa Unatras ha delle richieste precise – sono possibili, ma il fattore destabilizzante della guerra tra Russia ed Ucraina immette nel discorso un grande punto interrogativo.

    Se il costo del gas e degli idrocarburi, dopo le prime ore di battaglia rientrato rispetto all’iniziale balzo del +30%, sarà impugnato come arma di pressione sull’Occidente, pochi provvedimenti potranno arginarlo.

    La speranza che il conflitto duri poco e che, con buona dose di ipocrisia, l’Europa condannasse l’invasione senza arrivare a sanzioni veramente dure contro Mosca, il che avrebbe fatto ipotizzare un sostanziale nulla-di-fatto’ sulle relazioni energetiche, pare sfumare di ora in ora.

    L’autotrasporto riunito, dal canto suo, insiste sulla strada tradizionale – l’unica percorribile – di un negoziato con il governo.

    I temi sono classici: tra le richieste ci sono provvedimenti economici a sostegno della categoria, in buona sostanza concretizzabili riciclando quanto accumulato dal Fisco con l’Iva sulle accise in crediti di imposta, ma anche il ribaltamento dei maggiori costi derivanti dal rincaro del carburante direttamente sulla merce.

    Inoltre, viene richiesto al governo un tavolo permanente di discussione per analizzare le regole del settore, soprattutto nell’ottica di minimizzare l’impatto delle regole UE in tema di accesso al mercato, di semplificazioni burocratiche e degli oneri formativi, ostacolo all’immissione nel mercato del lavoro di nuovi autisti.

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