Sospesi per un mese i viaggi non essenziali nello spazio Schengen ma impegno a mantenere la libera circolazione delle merci all’interno dei Paesi Ue. È questa la posizione emersa in serata nel vertice straordinario dei capi di Stato e di Governo europei sull’emergenza Covid 19. I leader hanno dato il loro “political endorsement” alla proposta della Commissione per la sospensione del Trattato Schengen nel corso di un Consiglio al quale hanno preso parte oltre ai 27 capi di Stato e di Governo Ue, il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, quella della Bce, Christine Lagarde, e quello dell’Eurogruppo, Mario Centeno. Per l’Italia il premier Giuseppe Conte ha insistito sulla necessità di agire in maniera coordinata le misure dei viaggi e del trasporto merci così come per individuare misure eccezionali (una sorta di coronavirus bond).
I Paesi che si sono mossi prima
Già prima del vertice alcuni Paesi avevano preso misure autonome su Schengen
reintroducendo controlli alle frontiere interne come Estonia, Norvegia,
Austria, Ungheria, Repubblica Ceca, Danimarca, Polonia, Lituania, Germania e
Svizzera. Non sono invece arrivate le notifiche a Bruxelles della Spagna e
neppure della Francia che però hanno reintrodotto i controlli. Sul fronte delle
merci lo sblocco dei colli di bottiglia per il trasporto su gomma ai valichi
del Brennero, causati dai controlli introdotti dall’Austria, saranno al centro
della videoconferenza dei ministri dei Trasporti dei 27 prevista per mercoledì.
Le precedenti sospensioni di Schengen
Finora il Trattato di Schengen è stato sospeso solo a livello di singoli Stati
membri per emergenze dovuto all’ordine pubblico (G8 di Genova nel 2001 per
l’Italia, G8 tedesco di Schloss Elamu del 2015). Il Trattato per la libera
circolazione delle persone era stato firmato nella cittadina lussemburghese di
Schengen il 19 giugno 1990 tra Belgio, Olanda, Lussemburgo, Germania e Francia
in applicazione di un accordo dell’85. Anche l’Italia firmò nel 1990, la Spagna
e Portogallo nel 1991, la Grecia nel ‘92, l’Austria nel ‘95, Danimarca,
Finlandia e Svezia nel ’96, ma il nostro Paese pur avendo ratificato il
Trattato già dal 1993 con la legge 30 settembre 1993 n.388 non poteva ancora
far parte, a livello operativo, del sistema di Schengen, (entrato poi in vigore
il 26 marzo 1995) per una serie di problemi di natura sia politica che
organizzativa a cominciare dalla difficoltà di separare i varchi Schengen
nell’aeroporto romano di Fiumicino. «Finora
– racconta l’ambasciatore Raniero Vanni d’Archirafi già commissario Ue al
mercato interno tra il ’93 e il ’95 – l’Europa ha preso soltanto misure a
livello di autorità nazionali dando un messaggio di grande disunione, ma ora la
sospensione decisa da tutti gli Stati membri offre l’immagine di un’Unione che
ha ripreso in mano il ruolo di iniziativa che deve avere per gestore questo
tipo di emergenze».
Gentiloni: il mercato interno non può soccombere
Il commissario europeo agli Affari economici, Paolo Gentiloni è dell’idea
che «non ci si possa rassegnare all’idea che il
mercato unico, che è una delle grandi forze dell’Ue, sia una vittima di questa
emergenza sanitaria». Certamente, aggiunge
Gentiloni, «ci sono sospensioni di
Schengen legalmente autorizzate ma che la Commissione sta cercando di
scoraggiare perché il virus non si ferma chiedendo un passaporto al confine di
un Paese». Per le relazioni economiche, i
trasferimenti di materiale sanitario, personale medico, «è assolutamente inaccettabile che ci siano blocchi
e siamo soddisfatti – aggiunge il commissario Ue – che l’azione della
Commissione abbia portato a rimuovere blocchi che c’erano la scorsa settimana».
L’Italia favorirà rientro connazionali Erasmus e expat
Nello stesso tempo l’Italia sta cercando di favorire il rientro in Italia di
chi attualmente per vari motivi si trova all’estero. La Direzione generale
Immigrazione e per gli italiani all’estero della Farnesina guidata da Luigi
Vignali sta monitorando giorno per giorno la situazione. Sono molti gli
italiani all’estero che hanno fatto sapere di volere rientrare. Tra questi
molti giovani impegnati nei programmi Erasmus (solo in Spagna ce ne sono circa
5mila), gli expat che si trovano fuori dai confini italiani per lavoro e molti
turisti partiti quando la pandemia era già cominciata in Cina ma non era ancora
arrivata in Europa. Ci sono poi molti degli italiani residenti all’estero
iscritti nelle liste Aire, circa 6 milioni di persone. Tra questi soprattutto
quelli che si trovano in Paesi le cui autorità hanno sottovalutato la pandemia
o non intendono prendere misure drastiche (come il Regno Unito) o non
dispongono di un sistema sanitario adeguato hanno manifestato la volontà di
rientrare. Le autorità italiane incoraggiano il rientro che deve però avvenire,
ove possibile, con mezzi propri.
Fonte: IL SOLE 24 ORE