I super costi energetici fermano il legno-arredo

Claudio Feltrin (Federlegno): «Aziende costrette a valutare se convenga produrre». Paolo Fantoni (Assopannelli): «In rialzo anche i prezzi della materia prima»

ELENA DEL GIUDICE15 FEBBRAIO 2022

UDINE. Potendo ricorrere ad un aggettivo, il più appropriato potrebbe essere “funambolico”, nell’accezione propria del funambolo, ovvero di colui che cammina stando in equilibrio su una fune a una certa altezza dal suolo, il che porta con sé la percezione del pericolo.

Ed è ciò che le imprese, la generalità di esse perché non c’è attività economica che non viva con sofferenza questo periodo, stanno facendo alla ricerca del contenimento – per quanto possibile – dei costi energetici.

Intuibile che le attività energivore siano quelle con i conti più pesanti, dalla siderurgia alla ceramica, dalla carta alla fonderia, dal legno alla meccanica. Imprese schiacciate dai costi, da un lato, e dall’impossibilità di riversarli per intero sul prodotto finito, pena perdere la sfida competitiva.

Per cui, anche nel legno-arredo, c’è chi rivede i cicli di produzione, e relativi orari, per orientare i picchi di domanda energetica nelle fasce orarie in cui il costo è più basso, e chi opta per sospensioni temporanee.

«Se nei mesi scorsi le aziende hanno dimostrato una certa capacità di assorbire la corsa dei prezzi – ha dichiarato il presidente di Federlegnoarredo, Claudio Feltrin -, oggi la situazione è cambiata e chi produce semilavorati si vede costretto a fare i conti per valutare se sia ancora possibile produrre».

«Siamo a conoscenza – conferma Paolo Fantoni, presidente dell’azienda di Osoppo e alla guida di Assopannelli – di aziende che hanno optato per lo stop alla produzione per alcune giornate». La stessa Fantoni «ha chiuso alcune linee di produzione in determinate giornate, e questo anche per la mancanza del legno di riciclo, che è un altro problema. C’è la volontà di non ammainare bandiera, ma si inizia a valutare la possibilità di ridurre certi turni per cercare di non venire mortificati nei conti economici che in queste settimane sono veramente complessi».

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E ai costi energetici si somma il “caso” del legno, pregiato e non. «Il pellet – spiega Fantoni negli ultimi due mesi è schizzato da 220 e 300 euro a tonnellata, inoltre la Cina ha iniziato ad acquistare ovunque tutti i tronchi a disposizione, tanto che i prezzi dei tronchi di abete sono passati da 130 a 180 euro al metro cubo. Pavento il rischio che, in Europa, arrivino i cinesi a farci concorrenza».

Una quotazione del pellet in rialzo comporta «che qualsiasi produttore di questo materiale può permettersi di acquistare tronchi da trasformare in pellet togliendo materia prima dal circuito virtuoso sull’uso del tronco» che dovrebbe venire prioritariamente impiegato per lavorazioni a maggior valore aggiunto, mentre il residuo (segatura e trucioli) andrebbe riconvertito in pellet. In buona sostanza «siamo di fronte ad una tempesta perfetta anche sul fronte della disponibilità di legno», chiosa Fantoni.

Le iniziative del Governo sul fronte dei costi energetici se utili a livello congiunturale, non lo sembrano a livello strutturale. Il presidente di Assopannelli ricorda il sostanziale nulla di fatto di fronte alla proposta «che Confindustria aveva avanzato con uno specifico documento. Oggi pare che l’argomento torni di nuovo in discussione, ci sono 7/8 miliardi sul piatto e speriamo ci sia anche una soluzione strutturale strategica».

E l’auspicio che gli interventi colmino quel gap che si è già creato «tra le imprese italiane e quelle tedesche o francesi. I governi d’Oltralpe hanno infatti definito una quota importante di energia destinata al sistema industriale a prezzi ridotti – conclude Fantoni -, sostegni che si traducono in svantaggio competitivo per le aziende italiane».

e.delgiudice@gnn.it

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