Conflitti e siccità mettono in crisi i due snodi globali, riportando le rotte commerciali indietro di oltre un secolo. Con impatto sui costi, e lo spettro di nuova inflazione.
Fonte Ispi
Angela Stefania Bergantino
University of Bari
I problemi che si stanno verificando, in contemporanea, nel canale di Suez, da cui transita circa il 12% dei traffici a livello mondiale, e in quello di Panama, da cui passa tra il 3% e il 5% degli scambi di merci, stanno creando le condizioni per una tempesta perfetta nel commercio globale.
Rotta Suez-Mar Rosso in impasse
Il canale di Suez – che gestisce il 12% del traffico merci globale e il 30% del traffico di container globale, con un valore annuale di circa un trilione di dollari (SRM, 2023) –, sta patendo il riverbero della guerra tra Hamas e Israele, cioè le conseguenze dell’intensificarsi degli attacchi alle navi mercantili che attraversano lo stretto di stretto di Bab el-Mandeb e il mar Rosso da parte dei ribelli Houthi dello Yemen, e al largo delle coste della Somalia da parte dei pirati. Ritardi nelle consegne, diminuzione dei container e cargo disponibili, aumento delle tariffe di spedizione e trasferimento dei maggiori costi di trasporto ai consumatori finali sono “solo” le più dirette. I costi di trasporto attraverso Suez stanno aumentando, anche a causa della crescita dei premi assicurativi. Maersk e diverse altre compagnie hanno annunciato di voler dirottare le navi intorno al capo di Buona Speranza, cioè per una rotta che aggiunge 3.200 miglia e nove giorni di viaggio mentre Hapag-Lloyd introdurrà un servizio navetta via Gedda in Arabia Saudita. Attraverso il canale non transitano solo container ma anche flussi rilevanti di grano e prodotti petroliferi (80 milioni di tonnellate di grano all’anno, 7 milioni di barili di greggio al giorno). Il traffico di greggio attraverso il canale di Suez era praticamente raddoppiato dopo l’invasione russa dell’Ucraina e anche le grandi compagnie che trasportano rifuse solide e liquide stanno riorganizzando le loro rotte.
Panama: siccità inedita
Il canale di Panama, invece, è alle prese con una grave siccità. L’ottobre scorso è stato il mese più secco degli ultimi decenni nel bacino idrografico della regione. Il 7 gennaio il canale ha raggiunto uno dei minimi storici di profondità: circa 1,8 metri al di sotto della norma, con ceppi d’albero che emergevano sopra la linea di galleggiamento, proprio dopo quella che avrebbe dovuto essere la stagione delle piogge. Da novembre scorso il numero di transiti è stato fortemente ridotto, con le restrizioni più severe emesse dal 1989, quando il canale fu chiuso per l’invasione di Panama da parte degli Stati Uniti.
Ad oggi il canale di Panama funziona al 66% della sua capacità nominale e fino a qualche decina di giorni fa si prevedeva un taglio ulteriore ai transiti. A causa di ciò molti gruppi armatoriali, che non hanno potuto “pagare” per “saltare la coda” (a novembre l’asta per uno slot è arrivata a 4 milioni di dollari e il prezzo “ordinario” adesso si aggira sull’1,17 milioni), hanno inizialmente scelto rotte più lunghe e costose, come quella per Suez, che allunga i tempi di viaggio di almeno 5-6 giorni portando nel mese di ottobre e novembre ad un aumento dei traffici a Suez (+4,3% sullo stesso mese dell’anno precedente). Data la situazione, tuttavia, in questi ultimi mesi gli armatori considerano anche la rotta che passa dal Capo di Buona Speranza – che aumenta i giorni di viaggio tra i porti della costa orientale degli Stati Uniti e del Golfo del Messico con l’Asia di circa due settimane e che quest’anno ha visto un aumento dei transiti del 70% – e, alcuni, anche dallo stretto di Magellano.
Si stanno valutando possibili soluzioni che includono la creazione di un lago artificiale per pompare l’acqua nel canale e la semina di nuvole per aumentare le precipitazioni nell’area, cioè soluzioni che, quand’anche fossero sostenibili, richiederebbero anni per essere realizzate. Le soluzioni nel breve termine sono poche e la speranza è che il surriscaldamento delle acque oceaniche, conosciuto come El Niño, smorzi i suoi effetti entro marzo, consentendo un ritorno delle piogge in grado di rifornire i laghi che attualmente mantengono in vita il canale.
Aumento dei costi: rischio di nuova inflazione
L’impatto di queste disruption sui noli è significativo. Tutte le tariffe mercantili sono al rialzo, proprio quando si stavano smaltendo gli effetti nocivi della pandemia: nella prima settimana di gennaio 2024 l’indice composito di Drewry per i container (World Container Index) è aumentato del 61%, raggiungendo i 2.670 dollari per container da 40 piedi (FEU), con un incremento del 25% rispetto alla stessa settimana dell’anno scorso e dell’88% superiore rispetto alle tariffe medie del 2019 (pre-pandemia). Le variazioni sono però abbastanza eterogenee. I noli da Shanghai a Rotterdam sono saliti del 115% (da 1.910 dollari, a 3.577 dollari per FEU), le tariffe da Shanghai a Genova sono aumentate del 114% (da 2.222 dollari, fino a 4.178 dollari per FEU) e verso Los Angeles del 30% (arrivando a 2.726 dollari per FEU). E le previsioni non sono rosee con Drewry che ipotizza ulteriori aumenti delle tariffe spot est-ovest nelle prossime settimane e le compagnie di navigazione che applicano surcharges rilevanti per la dislocazione delle navi e/o per gli aumenti dei costi assicurativi.
Queste due situazioni, indipendenti ma che si sommano, rischiano di generare un nuovo rallentamento delle supply chain un rinvigorire della pressione inflazionistica mondiale, che sembrava avviarsi ad una riduzione, dopo la dinamica record dell’ultimo anno e mezzo. La doppia crisi ha già impattato sui prezzi dell’energia, con un rapido aumento del gas naturale e del petrolio, influenzando i costi allo smercio dei carburanti. Sebbene la crisi sia globale, potrebbe essere nuovamente l’Europa a risentirne di più: dato il contesto macroeconomico dell’Eurozona (rallentamento generale della crescita e in particolare in Germania), gestire un nuovo aumento dei prezzi dell’energia potrebbe presentare notevoli sfide, con concreti rischi, ancora una volta, di fenomeni a rimbalzo di stagflazione.
Commercio mondiale: ritorno al passato
Il rischio geopolitico e il cambiamento climatico stanno facendo arretrare le rotte di navigazione disponibili alla situazione di oltre un secolo fa, con i caricatori che tornano alle rotte alternative (Capo di Buona Speranza e Stretto di Magellano), che erano i principali passaggi commerciali tra l’emisfero settentrionale e quello meridionale prima che i canali artificiali fossero resi operativi (Suez inaugurato nel 1869 e Panama nel 1914). E questo proprio quando si consideravano finalmente superati gli effetti della fase pandemica e delle chiusure dei porti provocati dalla diffusione di Sars-Cov-2.
Gli shock ai canali di Suez e Panama richiamano l’importanza di investire nella resilienza dei principali chokepoint commerciali, migliorando sicurezza, adattabilità al clima, efficienza dei porti ed escogitando alternative di trasporto.